PRESENTAZIONE “BUIO”

 

 

Siamo in Polonia, tra le due guerre mondiali. Una giovane donna trentacinquenne viene dimessa da uno dei sanatori (leggi in questo caso cliniche private esclusive per malati mentali) in cui deve aver soggiornato, a fasi alterne, per circa vent’anni, da quando cioè all’età di 14-16 anni aveva subito un terribile trauma. Franciszek la preleva e la porta a malincuore a stare con sé e la sua famiglia a Varsavia. Franciszek è il fratello maggiore, colui che “fa andare il tempo in avanti”, amante della modernità. L’altro fratello, Stas, è colui che ferma il tempo, e infatti è rimasto in una dimensione infantile. I loro genitori sono da tempo deceduti.: un padre distante, elegante, specialista in oculistica e pittore dilettante e una madre premurosa ma poco affettiva e succube del marito.

 

La protagonista anela a tornare a Buio, Czarne in polacco, il toponimo che dà il titolo al romanzo. È il luogo in cui la famiglia trascorreva le estati durante l’infanzia e l’adolescenza dei ragazzi. Luogo magico di selvatica anarchia, avventure nel bosco, nuotate nel fiume. Ma anche luogo di presenze inquietanti: il capriolo a due cuori abbattuto dal fratello maggiore, il cacciatore con il fucile che si mimetizza in un albero, le modelle-amanti portate dal padre sedicente pittore. Tra queste Jadwiga Rathe, famosa attrice teatrale dal grandissimo fascino a cui la protagonista assomiglia incredibilmente. Un rapporto intenso di attrazione reciproca sembra averle legate da quando la protagonista l’aveva vista per la prima volta a teatro da adolescente, un rapporto che si era intensificato un’estate a Buio, poco prima che Jadwiga venisse trovata ammazzata nel bosco.

 

Quando la protagonista da Varsavia riesce a tornare a Buio, incaricata di risolvere il mistero sulla morte di Jadwiga, sviluppi sorprendenti, spaesanti e spiazzanti attendono il lettore. I piani temporali si confondono e sovrappongono, le date, identità ed età dei vari membri della famiglia e di Jadwiga si incontrano e osservano reciprocamente. Qui mi fermo per non spoilerare.

 

Ma occorre che faccia delle precisazioni. Non ho usato un nome per la protagonista perché l’autrice non glielo dà. Quello che la protagonista narra non è certamente accaduto, perché la protagonista non è una narratrice attendibile. Non perché menta, ma perché non è sicura non solo dei suoi ricordi, ma anche dei confini tra reale e irreale, probabile e improbabile, possibile e impossibile. Non sappiamo se quello che ci racconta sia frutto di una mente malata o la percezione di una creatura speciale.

 

Si tratta, dunque, di un romanzo giallo complesso, insolito, aperto a molte interpretazioni, sorretto da una scrittura straordinaria, e splendidamente tradotto.

 

Miriam Giorgio

 

 

PRESENTAZIONE “LO STRANO DELITTO DELLE SORELLE BEDIN”

 

Il giallo si apre con il Prologo e con la scoperta di un cadavere occultato nel bosco da parte di due ragazzi allontanatisi dal percorso della Grande Rogazione, una processione di antica tradizione che si svolge annualmente sull’altopiano di Asiago.

 

Quindi con un flash back il romanzo ci riporta ad alcuni giorni prima e ci fa incontrare il protagonista e conoscere l’ambientazione del romanzo.

 

Siamo ad Asiago, comune del Veneto noto come epicentro dell’Offensiva di Primavera, nel 1916, da parte dell’esercito austro-ungarico per costringere l’Italia alla resa.

 

Da circa un anno vi si è trasferito il Comandante dell’Arma dei Carabinieri Gaetano Ravidà, proveniente da Bari. Ha voluto lasciare la sua città a causa di problemi familiari, una dolorosa separazione.

 

Gaetano Ravidà è uno stimatissimo investigatore, ma ora è ad Asiago, un comune di circa seimila anime. Con l’attenzione a tutto ciò che lo circonda che lo caratterizza, riesce ad ambientarsi e farsi accettare ad Asiago. In più, proprio come l’autrice, s’innamora dei luoghi e delle nuove atmosfere del comune e dei suoi dintorni stupendi.

 

E Asiago nel giro di un anno si trasforma in luogo di eventi sconvolgenti: prima il Ciclone Vaia, con milioni di abeti rossi divelti dal vento e dalle piogge; poi il ritrovamento di un elmetto e di un cranio appartenenti presumibilmente ad un caduto italiano della grande guerra; quindi l’annunciata archiviazione di un caso risalente a sette anni prima, l’uccisione delle sorelle Pina e Carla Bedin, crimine rimasto senza colpevoli ma con forti indiziati. Ad entrambi i casi il Comandante Ravidà si appassiona, anche se non sono strettamente di sua competenza. Al primo per motivi biografici: anche suo nonno, ragazzo venticinquenne, era risultato disperso combattendo sull’altopiano. Al secondo perché non può sopportare che un delitto rimanga insoluto e non si dia pace ai defunti e ai parenti. E così il comandante comincia ad indagare e a ricevere confidenze dai locali, tutti personaggi sapientemente descritti dall’autrice, A questo si aggiunge il cadavere ritrovato proprio ne giorno sacro della Grande Rogazione. Qui mi fermo con il racconto.

 

Numerose sono le trame secondarie, tanti e vari i personaggi. Entriamo nella vita del luogo, in intrecci familiari e di vicinato, in rivalità tra i membri dell’Arma dei Carabinieri e le altre forze di polizia. L’autrice, con il brio e l’inclusione che sembrano caratterizzare la sua scrittura, coinvolge nella narrazione anche altri membri del clan Ravidà provenienti da Bari.

 

Nel finale le tante trame intessute si dipanano e i delitti e misteri trovano la loro spiegazione grazie a “La prima indagine di Gaetano Ravidà”, sottotitolo del romanzo di Chicca Maralfa.

 

MIRIAM GIORGIO